DE LAURENTIIS MANDA IN RITIRO UNA SQUADRA CHE SVILUPPA AZIONI OFFENSIVE MA NELLA QUALE MANCA IN MANIERA PREOCCUPANTE LA CONCENTRAZIONE.
Napoli, il capitano ha parlato, Insigne dopo la partita della Roma è stato capitano. Se non condivisibile una parte del suo discorso, relativa alla difficoltà di giocare dopo i fatti di mercoledì, ha finalmente reso palese, certificato, il principale problema della squadra. Lui e i suoi colleghi all’interno di una partita perdono sicurezza ed entrano in un tunnel di apatia, perdita di concentrazione e pessimismo dal quale difficilmente escono, e il risultato è una prestazione pessima. Il problema principale è la testa, finalmente sembrava nella partita contro l’Atalanta che la squadra si fosse scrollata di dosso questa “ansia da prestazione”, ha giocato da grande sentendosi tale, al di là di errori tecnici o tattici. Il risultato in Championes League contro il Salisburgo era stato importante e molti si affrettarono a voler definire la partita come quella della svolta. In realtà anche in quella serata il Napoli aveva staccato la spina più volte durante i novanta minuti, rendendosi le cose più difficili, complicandosi la vita senza che neanche fossero necessarie le sollecitazioni degli austriaci. E con la Roma si è rivisto ciò. A volte è tutta la squadra, a volte i singoli giocatori. Dopo la parata di Meret c’è stato un sussulto generale, e per venti minuti gli undici guidati da Ancelotti junior hanno asfaltato la Roma, creando tanto ma non segnando. In questa situazione specifica, dopo aver creato una decina di occasioni da gol e non aver fatto nemmeno un gol, diventa difficile trovare la forza mentale e fisica per rientrare in partita, ancora di più contro un avversario con grandi qualità. Difficile ma non impossibile, e la conseguenza di affrontare le partite in questa maniera, affliggendosi, a volte anche essendo in controllo della gara come contro il Cagliari, ha portato a una classifica per il valore reale del Napoli assurda. La questione psicologica è fondamentale ed è strano che non si pensi di affidarsi a uno specialista, a uno “psicologo dello sport”, una figura al giorno d’oggi diffusa nell’ambiente calcistico e in tutto il mondo. Verrà detto e scritto che il ritiro, ordinato leggittimamente da parte di un presidente quando la stagione sta prendendo una direzione sbagliata, avrà avuto valore se dopo la partita di ritorno contro il Salisburgo in Champions ci sarà un risultato positivo. Sarà fondamentale ottenere i tre punti per la qualificazione agli ottavi e tutto ciò che ne consegue a livello economico e di prestigio, ma oramai non è il solo aspetto da prendere in considerazione se si è alla ricerca di “curare il malato”. Nella conferenza stampa di presentazione a tale incontro Ancelotti si è detto contrario al ritiro, Manolas non ne ha voluto parlare e relativamente ai risultati ha sottolineato che ci si difende in undici, che i gol presi non sono colpa solo della difesa. Vero, e si spera che questo lo abbia detto anche ai compagni. Perchè a questo serve il ritiro, i giocatori devono riunirsi e parlarsi, mandarsi a quel paese, cercare difetti a se stessi e agli altri, discutere anche con l’allenatore e finalmente trovare una comunione di intenti e le possibili soluzioni. Questa squadra deve ritrovarsi sul piano del gioco, sì, ma in particolare assestarsi mentalmente, lavorare su questo aspetto. In rosa non ha un giocatore che si permetta o forse possa permettersi di richiamare all’attenzione in campo un compagno. Però andrebbe fatto, bisogna assumersi questo ruolo, e lo dovrebbero fare i più esperti, evitando anche loro di cadere mentalemente nella mediocrità generale e riprendere i compagni, anche a costo di “litigare”. Il loro lavoro è fare una prestazione di gruppo di livello e ottenere risultati, non di essere amici, ben venga, ma non è la cosa fondamentale. L’altro punto principale è tutto di Ancelotti: una squadra volutamente a trazione offensiva, che però crea tanto ma segna poco, un turnover forse esasperato e problemi difensivi che puntalmente riaffiorano da quando è sulla panchina del Napoli. Il tecnico ha dichiarato in conferenza stampa che se la squadra mantiene livelli di intensità alti può vincere contro qualsiasi avversario, vero, ma è comunque una ricetta impossibile da applicare per un’intera stagione, ancor di più giocando ogni tre giorni. Ma Ancelotti soprattutto ha detto: “Non sono uno psicologo, valutare la fragilità mentale mi viene complicato. – Sono sorpreso quando la squadra non fa quello che sa fare”, e Manolas seduto al suo fianco sulla sfida contro la Roma ha affermato: “Non lo so spiegare, dobbiamo avere più fame e cattiveria”. E allora presidente De Laurentiis, i giocatori devono applicarsi di più, l’allenatore deve trovare i giusti accorgimenti, ma manca ancora qualcosa, “accattàteve a uno psicologo”.